PALAZZO
LERCARI
Il
Museo Diocesano è ospitato nel Palazzo Vescovile denominato
anche Palazzo Lercari, perché venne fatto costruire nel 1727
dal cardinale Nicolò Maria Lercari, segretario di Stato di
Benedetto XIII, nella prima metà del Settecento.
In origine, più piccolo dell'attuale edificio, fu edificato
su un preesistente Villino Seicentesco, di proprietà della
famiglia Lercari, sulle rovine romane delle "piccole terme",
sottostanti il complesso della Rotonda. Il palazzo ospitò
più volte il pontefice e nel 1757, alla morte del cardinale,
fu donato alla Curia diocesana come residenza vescovile, in quanto
fino ad allora la città era sprovvista di una residenza per
il proprio cardinale vescovo e questo lo obbligava a risiedere presso
abitazioni private quando visitava la diocesi di Albano.
Il
primo vescovo che risedette nel palazzo fu Francesco Scipione Maria
Borghese che intraprese ingenti lavori di sistemazione dell'edificio
che da allora ospitò i cardinali vescovi per sei mesi l'anno.
Nel 1812, durante l'occupazione francese, il palazzo fu confiscato
e messo all'asta, ma la cosa più grave è che fu spogliato
di tutti gli arredi e le opere d'arte che lo adornavano. Nel 1814
il palazzo ritornò in possesso della Curia e il cardinale
Dugnani provvide ad un radicale restauro dell'intero stabile, così
come altre modifiche furono apportate dai vescovi che di volta in
volta risiedevano nel palazzo.
Qui
nel 1867 morì il cardinale Lodovico Altieri colpito dal morbo
della peste che decimò la popolazione di Albano. Ospite di
riguardo di Palazzo Lercari fu il musicista ungherese Franz Listz,
tanto che nell'ottobre del 1879 fu nominato, con atto del cancelliere
don Francesco Giorni, canonico onorario della cattedrale di Albano.
Il palazzo
settecentesco, sicuramente uno dei più belli e meglio conservati
di Albano, risalta per lo splendido portale d'ingresso sormontato
da un elegante balcone. Da qui si accede nell'atrio che presenta
decorazioni settecentesche in stucco e marmo bianchissimo. Nelle
nicchie che ornano l'ingresso e l'accesso al cortile interno sono
conservate quattro statue di età romana che raffigurano rispettivamente:
Ercole, Meleagro, Hygieia e un Satiro.
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